La tragica storia di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco in un giorno d’estate del 2007 a pochi passi da un Ferragosto come tanti. La biografia, la vita privata e il dramma della studentessa.
Chiara Poggi, vittima di un omicidio noto come il delitto di Garlasco, è stata uccisa all’età di 26 anni e per la sua morte è stato condannato in via definitiva il fidanzato Alberto Stasi.
Ecco la storia della studentessa morta nella sua villetta il 13 agosto 2007, all’alba di un Ferragosto come tanti che si è tradotto in una delle pagine più atroci della cronaca nera italiana.
Chi era Chiara Poggi?
Chiara Poggi è nata a Vigevano il 31 marzo 1981, sotto il segno dell’Ariete. La sua storia è tristemente nota perché uccisa a soli 26 anni nella sua casa del Pavese, il 13 agosto 2007, mentre la sua famiglia era fuori per le vacanze di Ferragosto.
17 anni fa accadeva il Delitto di Garlasco . Alberto Stasi dovrebbe uscire nel 2028, a 21 anni di distanza dalla morte della sua fidanzata Chiara Poggi. pic.twitter.com/wYEYfpZrZn
— Francesco Mirabelli (@_eletti_7) August 13, 2024
La vita privata di Chiara Poggi e dove viveva
Chiara Poggi era una brillante studentessa e viveva in una deliziosa villetta in via Pascoli a Garlasco, nella provincia di Pavia.
Insieme a lei i genitori, Rita Preda e Giuseppe Poggi e il fratello minore, Marco Poggi. È la stessa abitazione che fa da teatro al delitto che l’ha vista morire a soli 26 anni. Uccisa, secondo la verità processuale consacrata in via definitiva in Cassazione, dal fidanzato Alberto Stasi.
Dopo il Liceo, la giovane si era iscritta alla Facoltà di Economia e Commercio a Pavia e si era laureata nel 2005 prima di intraprendere un percorso come stagista in un’azienda milanese.
Proprio a ridosso della discussione della tesi si sarebbe legata sentimentalmente ad Alberto Stasi, giovane studente della Bocconi più piccolo di due anni.
L’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco e la condanna al fidanzato Alberto Stasi
L’omicidio di Chiara Poggi è noto alle cronache come il delitto di Garlasco e si sarebbe consumato la mattina del 13 agosto 2007. Quel giorno era sola in casa mentre i genitori e il fratello si trovavano fuori per una vacanza.
A dare l’allarme, sostenendo di averne scoperto il corpo senza vita al suo arrivo, sarebbe stato il fidanzato, Alberto Stasi. Su cui si sarebbero condensati sospetti alla luce di alcune incongruenze nel racconto e di elementi come le sue scarpe pulite nonostante il pavimento sporco di sangue sulla scena del crimine.
Il 12 dicembre 2015, la Cassazione lo ha condannato in via definitiva a 16 anni di carcere quale colpevole del delitto. Le richieste di revisione del processo, reiterate dalla difesa, sarebbero state sempre rigettate.
Secondo la ricostruzione emersa, la giovane sarebbe stata colpita a morte con un oggetto contundente mai individuato all’interno della villetta di Garlasco. L’attività di indagine avrebbe rilevato che la vittima conosceva il suo assassino e, prima di essere aggredita, gli avrebbe aperto la porta in pigiama.
Alberto Stasi si è sempre dichiarato innocente. Sullo sfondo dell’esito giudiziario a suo carico, un iter non privo di colpi di scena. Arrestato il 24 settembre 2007, a un mese dall’omicidio della fidanzata, sarebbe stato scarcerato quattro giorni più tardi per insufficienza di prove.
A processo con rito abbreviato, sarebbe stato assolto dall’accusa di omicidio volontario sia in primo sia in secondo grado “per non aver commesso il fatto“. Ma nel 2013 la Suprema Corte avrebbe annullato la sentenza di assoluzione e rinviato il caso a un giudizio di appello bis che, il 17 dicembre 2014, si sarebbe chiuso con una condanna a 24 anni di reclusione con pena poi ridotta a 16 anni grazie all’abbreviato. Esito che la Cassazione ha confermato nel 2015.